SOLOMOSTRY

Solomostry si laurea in Graphic design nel 2012. Vive e lavora a Milano.
Solomostry possiamo dire essere un artista poliedrico – che spazia dalla serigrafia al muralismo, dalla pittura all’installazione – ed è proprio per merito della sua essenza eclettica che intorno al 2007 – e grazie all’incontro con alcune realtà techno/clubbing presenti nella capitale lombarda – si allontana dai graffiti e plasma nuovi soggetti, i suoi soggetti: i Mostri.
La ricerca di Solomostry è caratterizzata da una linea compositiva spezzata che si protrae a comporre entità geometriche espressive, rivelanti di violente emozioni. Si tratta di maschere mostruose interpreti delle impressioni, delle trepidazioni, delle inquietudini, degli eccessi, presenti nella vita di tutti i giorni. Il marcato outline costruisce e distrugge al tempo stesso. Le dure linee squarciano la superficie e segnano spazi entro cui giocano colori vivi e piatti, ormai tipici di Solomostry.
Solomostry è rappresentato in Italia dalla galleria Lunetta 11, in Svizzera da Kolly gallery e a Parigi da Cohle gallery.
Ha collaborato con diversi brand sia italiani che stranieri rapportandosi a differenti media e i suoi lavori sono visibili in diverse parti del mondo.
Come definiresti il tuo stile?
Ho sempre cercato di esprimere i miei sentimenti in maniera pura e consona all’ ambiente in cui li mettevo.
L’elemento di esplorazione principale del mio lavoro è la linea e l’impatto, attirare l’attenzione di chi guarda.
La linea, nei graffiti è ciò che ti permette di costruire una tag, ovvero il tuo nome, la tua identità.
La linea che costruisce la tag è lo scheletro del tuo graffito, lo scheletro di quello che fai vedere al mondo, di quello che metti in strada.
Per questo la ricerca deve essere improntata sull’impatto, devono riuscirti a vedere da molto lontano, in strada ci sono un sacco di distrazioni, ma tu devi spiccare su tutti, o non ce la puoi fare.
Per riuscire in tutto questo sono sempre alla ricerca di nuove tecniche e materiali su cui sperimentare.
La linea che costruisce la tag è lo scheletro del tuo graffito, ovvero il tuo nome, la tua identità.


Cos’è per te la personalizzazione?
La personalizzazione per me è il distinguersi dalla massa ed essere unico.
Questa ricerca di unicità si riflette sulle capsule che vado a creare in limited edition, customizzando qualunque tipo di media mi si presenta davanti.
Rapportarmi con materiali diversi è una continua sfida a creare qualcosa di nuovo ed unico.
Quanto ami Milano e cos’ha in più delle altre città?
Milano è la mia città natale, ho vissuto in altre città in passato, come Barcellona e Berlino, e ne ho girate altre tante per lavoro, ma Milano mi richiama sempre a se. Milano sono i miei amici e i miei affetti e ancora di più il mio quartiere, la mia zona di cui vado molto fiero e che cerco nel mio piccolo di portare avanti.
A che cosa ti sei ispirato per la customizzazione della Jumpsuit?
Su questo progetto abbiamo lavorato a 4 mani, perchè in SOLOMOSTRY oltre all’artista, c’è un team dietro che crede e supporta ogni progetto, dalle installazioni, alle customizzazioni fino ad arrivare alle edizioni limitate che facciamo uscire.
Quindi direi che l’ispirazione principale è stata l’appartenenza ad un gruppo, il fare parte della stessa bandiera e speriamo che chi indosserà questo capo si sentirà parte integrante di quello che portiamo avanti tutti i giorni.
Come l’hai realizzata?
È stata realizzata completamente a mano in serigrafia.
C’è una tecnica che prediligi in particolare tra quelle che utilizzi nei tuoi lavori?
La produzione solomostry è suddivisa in tante aree, dalla pittura su tela, all’installazione con diversi materiali, alla serigrafia per il custom di abbigliamento, e ultimamente alla ceramica.
Nella pittura prediligo strumenti che mi permettano di avere un tratto d’impatto, come pennelli, spray, ma il mio preferito rimane lo spruzzino da giardinaggio a pressione caricato a vernice.
La serigrafia è un altra tecnica che amo molto, perché mi permette di replicare in serie le grafiche su diversi materiali come la stoffa, la carta, il legno e tutto quello che riesco a stampare.
Negli ultimi due anni ho ripreso ad utilizzare la ceramica e al momento è la tecnica che mi intriga di più, perché non ho ancora il controllo totale, e quindi mi presenta sempre nuovi problemi, che una volta risolti mi generano grande soddisfazione.
Come nasce un Mostro?
All’inizio i soggetti dei miei lavori erano Mostri, almeno io li chiamavo cosi,
erano entità che si impossessavano del nostro IO interiore e ci incoraggiavano a fare cose di cui eravamo spaventati.
Erano sentimenti potenti e inarrestabili, impattanti, sentimenti puri che rappresentavano l’animo di chi si sente giovane e ribelle.
Erano tutti diversi, ma tutti uniti verso un unico scopo, accompagnare e avvolgere lo spettatore donandogli una forza sconosciuta che lo faceva sentire invincibile e pronto ad affrontare quello che gli aspettava dal suo cammino.
Crescendo, il tempo ci mette davanti a svariate situazioni, che ci portano ad affrontare i nostri sentimenti in maniera più contenuta e sistematica,
ci costruiamo armature fatte di svariate emozioni, per essere pronti in ogni situazione a non far capire quello che è il nostro vero IO.
Dove sogni di vedere un giorno esposti i tuoi Mostri?
Sono soddisfatto del percorso fatto fino ad ora, ho già portato i mostri in diverse parti del mondo, quindi in realtà più che sognare di portarli in un posto specifico, spero che i miei mostri continueranno a portarmi sempre più lontano.









