Quello che in gergo si chiama Blu Pozzi, è una sfumatura di blu scuro e intenso, probabilmente chiamato così in onore del francese Charles Pozzi.
Chi non ne avesse mai sentito parlare non si deve preoccupare, ora ripassiamo insieme.

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Nato a Montmartre nel 1909, Charles abbandonò ben presto gli studi universitari per buttarsi a capofitto nel business della vendita di auto. Nel ’32 venne preso in Ford, ma la sua fame e il fiuto per gli affari lo portavano verso il mercato delle auto di lusso, che gli garantiva ben altri guadagni. Alla fine della seconda guerra mondiale iniziò ad affiancare alle sue consuete attività lavorative anche quella di pilota privato, fondando anche un team di corse, Lutetia, insieme all’amico Eugene Chaboud, anch’egli pilota.

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Pozzi si dedicava principalmente alle gare di durata, ottenendo anche alcune vittorie. Nel 1950 ebbe l’occasione di esordire in Formula 1 al Gran Premio di Francia, non andando oltre il sesto posto però. Otto anni dopo iniziò ad importare Ferrari, diventandone negli anni l’unico importatore in Francia.

Oltre a questa suggestione che porta ad attribuire al pilota francese la paternità della denominazione blu Pozzi, si pensa che il blu abbia un particolare rapporto con la Francia secondo gli International Racing Colors. I colori nazionali usati nelle corse automobilistiche sono differenti da quelli delle rispettive bandiere, sono l’equivalente delle maglie delle squadre da calcio. Secondo il sistema, che in molti casi ricorre ancora oggi, il blu veniva associato alla Francia, così come il verde al Regno Unito (ecco il British Green, Verde Silverstone ecc..) il bianco (e più tardi l’argento) alla Germania (le frecce d’argento della Mercedes-Benz) e il rosso alle squadre italiane (vedi Ferrari e Alfa Romeo Racing Team).

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