YURISATA

Yuri Sata. Classe ‘89, disegnatore, writer e tatuatore.
Disegno praticamente da sempre, ho iniziato quando avevo 4 o 5 anni e non ho mai smesso fino oggi, quando oltre ad essere una passione che mi accompagna da tutta la vita è anche diventata la mia professione. L’interesse e l’apertura verso il mondo del tatuaggio risalgono al periodo dell’adolescenza, successivamente al periodo dei graffiti.
Dal 2016 sono co-founder di SATATTTVISION, il mio studio di tatuaggi in Via Tadino 3, in zona Porta Venezia. In realtà non è solo un tattoo studio, è un luogo dove le varie contaminazioni date dagli interessi di ciascun componente del team portano continuamente nuova linfa alla creatività del collettivo.
Come definiresti il tuo stile?
Posso dirvi che il mio trip sono sicuramente le lettere…cerco sempre di evolverle e crearne sempre di nuove, cercando di non scadere nella monotonia. Ci sono periodi in cui sono portato a fare un certo tipo di cose piuttosto che altre, ma credo sia qualcosa che capiti a chiunque crei, a prescindere da cosa stia creando.
Cos’è per te la personalizzazione?
Lo dice la parola stessa, dare un carattere a qualcosa. A mio avviso possono esserci tanti modi di personalizzare, ma ci sono due variabili da considerare che sono a mio avviso cruciali: su commissione o lavoro libero! Da qui poi si aprono strade diverse.
Dare un carattere a qualcosa.


A che cosa ti sei ispirato per la customizzazione della Jumpsuit?
Premessa: da ragazzino personalizzavo le carrozzerie dei motorini agli zanza di periferia.
In questo caso, visto il forte legame che ha il capo con il mondo dei motori, mi sono subito venute in mente le tute dei piloti, tappezzate di quelle patch super fighe di sponsor, attraversate da scritte dalla testa ai piedi, numeri etc.
Come l’hai realizzata?
Smalti, pennelli e bumbuléta (bomboletta in milanese). Se lo volete mettere a me fa ridere.
E noi lo mettiamo.
Raccontaci il passaggio dai graffiti ai tatuaggi, due mondi non così distanti a pensarci bene.
Beh, non è stata una vera e propria scelta, è stata una transizione naturale e direi fisiologica… La curiosità è stata grande fin da subito, per cui ho iniziato a farmi un sacco di domande su come si realizzassero e ho approfondito l’argomento.
Vedendo parecchi writer, coetanei o più grandi, che erano tatuati ed alcuni erano anche tatuatori diciamo che è scattata la molla.
C’è da dire che il solo ed unico tatuaggio che ho sempre avuto sotto gli occhi sin da quando ho memoria è quello di mio padre, un tatuaggio super true tutto sgangherato con le iniziali sua e di mia madre! SBAM (momento di esaltazione mista fierezza).
Avevi già avuto occasione di lavorare alla customizzazione di un capo di abbligliamento? Su quali altri superfici hai impresso in passato le tue forme di lettering e su quale ti è piaciuto di più lavorare?
Sì, nel corso degli anni ho avuto modo di lavorare su vari supporti e capi d’abbigliamento: denim, impermeabili, caschi, moto, scooter, muri, saracinesche, interni di officine ecc… Devo dire che ogni superficie a suo modo mi ha fatto divertire, proprio per il fatto di dovermi adattare sul momento a quello che avevo davanti a me.
Qual è il significato dei simboli sulla Jumpsuit? A noi puoi dirlo.
Nessuno!
Sto scherzando, in realtà sono lettere e numeri realizzati con un alfabeto che ho creato grazie alle varie contaminazioni del mio percorso artistico fino ad oggi.
Nello specifico sulla parte frontale della jumpsuit in prossimità del petto ci sono una G e una I per Garage Italia, sui tasconi invece troviamo una M e una I (Milano).
Sul retro all’altezza dei polpacci c’è un 20 che sta per l’anno corrente, che letto al contrario diventa 02 (il prefisso di Milano, Signore e Signori). Coincidenze? Non credo proprio.










